Villaggi abbandonati, civili costretti a subire violenze da chiunque sia in possesso di un fucile, sopraffazioni e angherie, strade insicure e saccheggi continui e ripetuti: lo stato di abbandono in cui da almeno tre anni versa ormai il nord della Repubblica Centrafricana ha trasformato questa zona del paese in una sorta di terra di nessuno, in cui si aggirano una miriade di gruppi armati di difficile identificazione.
“Il fenomeno del banditismo da queste parti c’è sempre stato, ma dopo il colpo di Stato che ha portato al potere il generale Francois Bozizé, l’attuale presidente del Centrafrica, il numero di persone in possesso di un’arma è aumentato esponenzialmente” dice una fonte contattata dalla MISNA sul posto. “Poco importa, anche perché è difficile capirlo, se si tratta di banditi comuni, di ribelli, mercenari o gruppi che vengono dai paesi vicini, ormai nelle regioni settentrionali del Centrafrica chiunque è in possesso di un fucile detta legge” aggiunge la fonte. L’esercito, quello regolare, si vede poco, se può evita lo scontro con eventuali gruppi armati e quando c’è “è anche peggio”, sottolinea l’interlocutore che ha chiesto di restare anonimo per questioni di sicurezza. “Ogni tanto le forze armate lanciano qualche operazione di polizia, soprattutto dopo che i ribelli se ne sono andati e a pagarne il prezzo sono sempre i civili. I villaggi vengono dati alle fiamme e gli abitanti picchiati, vessati, arrestati e a volte uccisi perché accusati di sostenere la ribellione e di essere dei collaborazionisti” aggiunge la fonte. Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite – che meno di due settimane fa hanno definito “aberranti” le violenze a cui sono esposti i civili del nord del paese – sono almeno 70.000 i profughi rifugiatisi nei due paesi confinanti (Ciad con 50.000 presenze e Camerun con altre 20.000) e 150.000 gli sfollati interni. “Moltissimi villaggi di campagna sono ormai completamente vuoti. La gente si rifugia nei centri abitati più grandi per evitare le scorrerie di chiunque sia un possesso di un fucile. Migliaia di persone hanno trovato ospitalità da parenti o si sono accampate come hanno potuto a ridosso dei grandi centri della zona settentrionale del paese: città come Bouar, Bozou, Bossangoa, Batangafo” sottolinea la fonte della MISNA, aggiungendo che basta uscire dai centri abitati per incappare in qualche assalto o imboscata. È in questo clima di grande insicurezza e di totale anarchia che si inserisce anche la notizia, diffusa oggi dal Centro di cooperazione missionaria dei Frati Cappuccini, dell’aggressione subita da padre Norberto Munari, avvenuto nei pressi di Ouogo, estremo nord del Centrafrica a pochi chilometri dal confine col Ciad e dalle acque del fiume Ouham, frontiera naturale tra i due paesi. Secondo le informazioni raccolte dalla MISNA, padre Munari stava tornando a Ougo (da dove inizia l’unica pista percorribile in automobile diretta a sud) dopo essere stato in ‘brousse’ (foresta) a visitare i villaggi sperduti che si trovano in questa zona di confine, quando è incappato in uno dei tanti gruppi armati presenti in zona. L’episodio si è risolto col furto di qualche oggetto e niente più, ma è sintomatico di un’insicurezza diffusa che non risparmia nessuno. “Beh per noi è abbastanza normale –dice un missionario contattato nel nord del paese – ormai non ci facciamo neanche più caso. È la gente del posto che paga il prezzo più caro nel totale disinteresse di tutti. Ougo una volta era un gran bel villaggio, ormai è ridotto a quasi niente. I cappuccini avevano anche un grande dispensario con cui negli anni avevano combattuto, insieme all’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), la malattia del sonno e che era di fondamentale importanza per le popolazioni delle zone rurali di confine. Ma i continui saccheggi e gli attacchi lo hanno praticamente cancellato”. Decenni di conflitti armati e instabilità politica hanno frenato lo sviluppo del paese che è al settimo posto nella lista delle nazioni più povere al mondo, priva delle infrastrutture e dei servizi sociali di base, come sanità e istruzione, praticamente inesistenti o abbandonate da un ventennio al totale degrado, al di fuori della capitale Bangui. L’Onu sta studiando l’invio di una missione di peace-keeping nel nord e nell’est del confinante Ciad. Qualche mese, dopo essere rientrato da un missione esplorativa nel nord, Ibrahima Fall, inviato dell’Onu in Centrafrica, aveva detto: “In Centrafrica si sta preparando una tragedia (…) La gente è privata di tutto. Donne e bambini vivono nella foresta in condizioni sanitarie terribili. Il paese ha bisogno di un’assistenza internazionale urgente. La situazione nel paese è difficile da molti anni. Ma rischia adesso di diventare ancora peggio”. Nel suo intervento Fall aveva criticato il disinteresse della comunità internazionale nei confronti della situazione centrafricana.