Sono circa 20.000 le persone fuggite negli ultimi giorni dalla zona di Ngaoundaye, piccolo villaggio nel nord della Repubblica centrafricana vicino al confine con Camerun e Ciad dopo una serie di violenze che hanno avuto per protagonisti sia i ribelli che l’esercito regolare centrafricano.
Lo riferiscono all’agenzia MISNA fonti locali, precisando che nella zona sono presenti da tempo sia alcuni gruppi di ribelli anti-governativi che le forze armate nazionali.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, le tensioni sarebbero cominciate due giorni fa quando nel villaggio hanno fatto irruzione i ribelli che, poco dopo il loro arrivo, hanno ucciso il sottoprefetto della zona di Ngaoundaye, colpevole di essersi espresso pubblicamente a favore dell’esercito nei giorni precedenti, in una vera e propria esecuzione pubblica.
Il giorno successivo nel villaggio di Ngaoundaye è poi arrivato l’esercito, che, seguendo una prassi ormai consolidata, dopo aver accusato gli abitanti di collaborazionismo con i ribelli ha dato alle fiamme tutte le abitazioni del villaggio, dopo aver provveduto a un saccheggio sistematico delle abitazioni.
Secondo le informazioni a disposizione, i militari avrebbero appiccato il fuoco anche ad altri centri abitati della zona (almeno quattro) e, in almeno un’occasione, si sarebbero scontrati con i ribelli presenti nell’area.
Nessun bilancio è disponibile al momento sulla presenza di eventuali vittime, anche se fonti locali riferiscono di alcuni civili rimasti coinvolti nella sparatoria.
Solo quale giorno fa alcuni deputati centrafricani avevano denunciato i soprusi compiuti dall’esercito regolare di Bangui – come confermato anche da almeno due recenti rapporti delle Nazioni Unite – contro le popolazioni civili della zona nord del paese, primo fra tutti la sistematica distruzione di villaggi che con l’accusa di collaborazionismo vengono dati alle fiamme dai militari. Una pratica che prosegue da mesi e che ha costretto un numero incalcolato di persone a lasciare i centri abitati e vivere in foresta, in condizioni che le Nazioni Unite hanno definito “aberranti”.
“Chiediamo al ministro della Difesa, ovvero al capo dello Stato, di mettere fine a questo tipo di eccessi e di insegnare ai suoi soldati la differenza tra i ribelli e le persone pacifiche” aveva detto alla radio nazionale rivolgendosi al presidente François Bozizé, la deputata Marie Agba.
Quasi due anni di attacchi e combattimenti con protagonisti bande armate, movimenti ribelli e truppe governative hanno provocato oltre 200.000 sfollati tra i civili, mentre almeno 70.000 hanno cercato riparo nei confinanti Ciad e Camerun.
Secondo statistiche dell’ONU, ogni settimana nei distretti settentrionali in media si registrano 450 decessi tra i bambini per malnutrizione, mentre le donne sono ripetutamente vittime di stupri. Secondo l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), risalente a marzo scorso, 250.000 persone sono esposte al rischio di una crisi alimentare nel nord del paese. Più del 70% della popolazione, secondo l’Undp, vive sotto la soglia della povertà e l’analfabetismo colpisce il 68% delle donne e il 46% degli uomini.
Tratto da Terre di Confine